venerdì 27 marzo 2009

Hole in the wall

Ieri mattina ho partecipato al convegno “Un giorno di scuola nel 2020” organizzato dalla Fondazione San Paolo per la scuola. Dopo un inizio formale e un po’ sonnacchioso e un coffee break caotico, siamo stati (eravamo più di 500) completamente conquistati dall’intervento del Prof. Sugata Mitra che ha presentato il progetto “The Hole In The Wall” (Buco nel muro).
Un buco nel muro, con dentro un computer connesso ad Internet e una telecamera nascosta su un albero: questo è il progetto di Sugata Mitra, di professione sviluppatore di software, per far arrivare l’informatica nei villaggi più sperduti dell’India rurale.
Il primo Hole in the wall è stato installato in un quartiere povero di New Delhi nel 1999. Egli ha radunato un gruppo di ragazzini e li ha invitati a usare quella strana macchina illuminata. In pochi minuti avevano imparato a muovere il cursore, in un paio d’ore stavano navigando in rete.
Il suo secondo tentativo è stato in una scuola media. Si è presentato con un computer portatile e ha chiesto all’insegnante di fisica di scegliere un argomento non trattato in classe e di scrivere cinque domande; poi ha scelto cinque ragazzi, li ha chiusi in una stanza con il laptop (un oggetto che loro non avevano mai visto) e ha dato loro due ore di tempo per rispondere.A tempo scaduto i ragazzi avevano risposto esattamente a tutte le domande; in due ore avevano imparato come far funzionare un computer e utilizzarlo per i propri scopi. Il progetto è stato esportato in tutta l’India rurale: nelle bidonville, nei villaggi di pescatori, nelle aree dove si ammassano gli sfollati dopo la costruzione delle dighe. Ovunque, i bambini hanno imparato ad usare il computer da soli e a scambiarsi informazioni e scoperte. In media in una settimana padroneggiano il mondo degli mp3 scaricati, in due riescono ad insegnare qualcosa ad altri.
Oltre al problema di non sapere che cosa fosse il computer, i bambini non conoscevano neanche l’inglese, ma la loro reazione è stata “voglio usare la macchina, imparo la lingua” , mentre gli adulti, messi di fronte allo stesso problema hanno reagito con un “non conosco la lingua, non posso usare la macchina”
Penso ci siano molti spunti di riflessione:
- sulla necessità di permettere ad ognuno di ricercare la conoscenza offrendogli risorse, non dogmi,
- sull’importanza del lavoro cooperativo
- non è detto che il più corrisponda al meglio
- sulla necessità di ripensare agli “ambienti di apprendimento”
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